Home > L'ANNO CULTURALE DELLA CINA
Intervento del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi
(Roma, 7 ottobre)
2010-10-12 14:27
 

Signor Primo ministro,

Signori membri della delegazione presidenziale cinese,

Autorità e membri del Governo,

Signore e Signori,

sono onorato di inaugurare insieme all'amico Premier cinese Wen Jabao l'anno della cultura cinese in Italia e celebrare il quarantennale delle nostre relazioni diplomatiche.

I nostri Paesi e i nostri popoli sono legati da antica amicizia, come dimostrano due eventi. Il primo: in questi giorni si celebra il 400.mo anniversario della morte di padre Matteo Ricci, gesuita, matematico, cartografo ed esploratore che tra il 1582 e il 1610 visse in Cina, ne studiò la lingua e la cultura, e consentì  con i suoi studi cartografici, economici, politici e religiosi di avvicinare la cultura dell'Occidente e quella cinese. Il secondo evento è il 40.mo anniversario delle relazioni bilaterali Italia-Cina, iniziate il 6 novembre 1970.

I colloqui con il premier Wen Jabao ci hanno consentito di constatare lo stato eccellente delle nostre relazioni bilaterali, frutto in particolare del partenariato strategico tra Italia e Cina lanciato nel maggio 2004 in occasione della prima visita in Italia del premier cinese.

Lo stato di eccellenza dei nostri rapporti è destinato a protrarsi nel tempo grazie ai colloqui di oggi, che ci hanno consentito di annunciare l'adozione di un Piano d'Azione Triennale italo-cinese sulle relazioni economiche, con il quale vengono identificati i settori prioritari che saranno al centro degli impegni bilaterali.

In particolare, abbiamo firmato sette accordi istituzionali che rafforzano la collaborazione bilaterale nei settori della giustizia, della cooperazione economica, dell'innovazione tecnologica, dell'educazione e della cultura.

E' nostra ferma intenzione dare il massimo rilievo all'anno culturale della Cina in Italia. Giustamente, nei giorni scorsi l'ambasciatore cinese in Italia, Ding Wei, ha ricordato che "la Cina è meno conosciuta in Italia di quanto l'Italia lo sia in Cina".

Sono d'accordo. Una più approfondita conoscenza della Cina e della sua cultura costituisce una lacuna che è urgente colmare: lo impongono le nostre ottime relazioni bilaterali e, soprattutto, il crescente ruolo internazionale di Pechino, in campo sia economico che politico.

A partire dal secondo trimestre di quest'anno (aprile-giugno), l'economia cinese è diventata la seconda al mondo dopo quella degli Stati Uniti, ed ha superato dopo 30 anni l'economia del Giappone. Ma già numerosi economisti avanzano la previsione di un prossimo superamento anche degli Stati Uniti, che collocherà la Cina come prima potenza economica al mondo.

Nel dicembre 2001 la Cina è stata riconosciuta come membro dell'Organizzazione mondiale del commercio. E da allora ha bruciato le tappe grazie ad alcuni fattori esterni ed interni estremamente favorevoli, quali la globalizzazione, la libertà degli scambi commerciali e il fatto di poter disporre - su una popolazione di 1,3 miliardi di persone - di una forza lavoro senza eguali al mondo non solo per numero di addetti, ma soprattutto sul piano dei costi contenuti, della disciplina e della produttività. La Cina in pochi anni è diventata la fabbrica del mondo, dove tutte le maggiori imprese dell'Occidente industriale, comprese quelle italiane, hanno portato investimenti e tecnologie per produrre beni destinati al commercio mondiale. Soltanto in futuro, quando il tenore di vita e il redito medio dei lavoratori cinesi sarà più elevato, questi beni potranno contare anche sul mercato interno della Cina, costituito appunto da 1,3 miliardi di consumatori potenziali.

I risultati della modernizzazione cinese sono stati straordinari per rapidità e intensità, ma anche non privi di contraddizioni, almeno secondo il tradizionale punto di vista di noi occidentali. Non solo. Questi risultati sono stati così spettacolari da obbligare il resto del mondo a riflettere sulle vecchie categorie del pensiero economico, sociale e politico, scrollandosi di dosso schemi e pregiudizi del passato.

Le statistiche dell'economia parlano da sole.

Nel 1978 la produzione industriale cinese era interamente controllata dallo Stato, mentre oggi il peso  dei privati (comprese le imprese straniere) arriva al 50 per cento.

Nel 1978 le banche cinesi custodivano risparmi per 2 miliardi di euro. In 30 anni questa somma si è moltiplicata per 818 volte, portando i depositi a 17 mila miliardi di euro.

Nel 1978 il reddito pro capite dei residente urbani cinesi era di 34 euro l'anno; oggi è salito di 40 volte ed è di 1.400 euro l'anno.

Nel 1978 l'80 per cento della popolazione cinese viveva nelle campagne. Ora il rapporto si è rovesciato: solo il 45 per cento vive nelle aree rurali e il 55 per cento nelle aree urbane. Ben 117 città cinesi sono sopra il milione di abitanti.

Nel 1978 in Cina circolavano 1,3 milioni di veicoli; oggi sono 40 milioni.

I laureati erano 165 mila; oggi sono 4 milioni l'anno.

Nel 1978 pochi privilegiati viaggiavano all'estero; oggi sono milioni e rappresentano il nucleo forte che alimenterà il turismo mondiale nei prossimi decenni.

Nel 1978 non esistevano in Cina "brand" di lusso; nel 2014 – vale a dire tra quattro anni – l'ufficio studi di Golman Sachs stima che la spesa per i consumi d'élite supererà in volume quella degli Stati Uniti.

A questi successi in campo economico e commerciale (ha superato anche la Germania come primo Paese esportatore al mondo) , la Cina ha saputo affiancare una crescita formidabile del proprio ruolo anche nella politica internazionale.

I dirigenti politici cinesi hanno saputo mettere alle proprie spalle un passato che consideravano di "umiliazione nazionale" per sedersi autorevolmente in decine di organismi internazionali, primo fra tutti il tavolo dei Cinque grandi del Consiglio di sicurezza dell'Onu.   Non solo. Le Olimpiadi di Pechino e l'Expo di Shangai sono state manifestazioni di grande successo, che hanno contribuito a proiettare nel mondo l'immagine di una nuova, moderna potenza globale.  

Oggi la Cina ha grande rilevanza sullo scenario mondiale. Il suo peso e la sua influenza sono tali che molti analisti vedono in prospettiva un mondo sempre più guidato da una "governance" bipolare, costituita da Stati Uniti e Cina, relegando sullo sfondo tutti i protagonisti del passato, a cominciare dall'Unione europea. 

Noi, il governo italiano, a differenza di quanti mostrano insofferenza per la crescita di ruolo di alcuni Paesi emergenti come Cina, Federazione russa, India e Brasile, siamo invece coscienti dell'esigenza di collaborare con questi Paesi anche al fine di meglio tutelare i nostri interessi economici e commerciali. E' un modo di vedere il mondo che abbiamo illustrato in occasione del G8 che si è svolto a L'Aquila nel 2009, dove abbiamo offerto un ruolo da protagonisti proprio ai Paesi emergenti che ora fanno stabilmente parte del G14.

In base ai colloqui con i leader cinesi che ho avuto in questi anni, sono arrivato a ritenere che la Cina non abbia alcuna vocazione bipolare né unipolare, ma sia favorevole a un sistema multipolare, all'interno del quale coltivare con grande attenzione i rapporti bilaterali.

E' un approccio che ci trova d'accordo.

Come noi, i governanti cinesi sono fautori della politica del fare che preferisce affrontare e risolvere i problemi concreti, piuttosto che irrigidirsi sulle questioni di principio.

Come noi, i leader cinesi  preferiscono promuovere lo sviluppo e privilegiare una politica dell'armonia e della sicurezza che riduca i rischi di conflitto nel mondo. 

Oggi, dopo l'allargamento a est, l'Unione europea è destinata a diventare il primo partner commerciale della Cina. La vicinanza economica sta producendo un avvicinamento sempre più marcato anche in quello della politica internazionale, dove la visione multilaterale è sempre più comune.

In questo contesto l'Italia intende far sì che l'eccellenza delle relazioni economiche e commerciali con la Cina si traduca sempre più in un dialogo costante e in una comune visione delle relazioni internazionali, soprattutto in materia di sicurezza, di contrasto al terrorismo, di contrasto al traffico delle armi e della droga,  di lotta alla criminalità organizzata.

Su questa base e con queste prospettive rinnovo al Presidente Wen Jabao e ai membri della delegazione presidenziale cinese il più cordiale benvenuto in Italia e i più cordiali auguri di buon lavoro e di successo.

Vi ringrazio.

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