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Gli appunti della posizione cinese su Mar Cinese Meridionale
2016-04-11 18:34

1. La sovranità cinese sull’arcipelago di Nansha poggia su solide basi storiche e giuridiche.

La Cina fu il primo pease al mondo a scoprire, a dare un nome e ad esplorare le isole Nansha, fu inoltre il primo ad esercitare in continuazione la giurisdizione della sovranità sull’arcipelago. Fino alla seconda metà dell’Ottocento, vissero nell’arcipelago soltanto cinesi: di ciò si trova conferma anche nei documenti storici di molti Paesi occidentali. Sin dalla Dinastia Tang, i governi cinesi hanno esercitato in maniera pacifica, continua e effetiva la propria sovranità sull’arcipelago di Nansha e sulle acque circostanti. Durante la seconda Guerra Mondiale, il Giappone ha occupato temporaneamente le isole Nansha. La Dichiarazione del Cairo, la Dichiarazione di Potsdam e altri documenti del diritto internazionale hanno richiesto al Giappone di restituire alla Cina i territori sottrattile. Gli Stati Uniti hanno aiutato la Cina a recuperare le isole: le navi militari con le quali l’esercito cinese recuperò le Nansha furono fornite dagli Stati Uniti. Dopo la guerra, la Cina ha recuperato l’arcipelago di Nansha, proclamando su di esso la propria sovranità e rafforzando il proprio controllo, dando un nome alle varie isole, pubblicandone la mappatura, designando distretti ammnistrativi, stanziandovi basi militari, ecc. Le principali potenze, inclusi gli Stati Uniti, l’Unione Sovietica, il Giappone e la Francia, hanno riconosciuto la sovranità cinese sull’arcipelago di Nansha.

Sin dagli anni ‘70 del Novecento, le Filippine, il Vietnam e alcuni altri Paesi, violando la Carta delle Nazioni Unite e il principio del reciproco rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale stabilito nella medesima Carta, hanno occupato militarmente alcune isole dell’arcipelago cinese: così è nata la controversia sulla sovranità dell’arcipelago di Nansha. Così si spiega il nocciolo e l’origine della questione del Mar Cinese Meridionale. In seguito, con la nascita e l’attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare, nel 1982, è emerso il nuovo problema della delimitazione delle acque territoriali tra Cina, Vietnam e le Filippine.

2. La posizione della Cina di non accettare né partecipare all’arbitrato sottoposto unilateralmente dalle Filippine ha un pieno fondamento di diritto internazionale. Prima di tutto, la Parte cinese ha emesso una dichiarazione di eccezione facoltativa sulla base dell’articolo 298 della Convenzione, che esclude in maniera precisa la delimitazione delle acque territoriali e le attività militari dalle procedure di arbitrato obbligatorie. Ad oggi, più di trenta Paesi del mondo hanno emesso simili dichiarazioni. Ad eccezione degli Stati Uniti, che non aderiscono alla Convenzione, gli altri quattro membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU si sono espressi sulle eccezioni facoltative. Non accettando né partecipando all’arbitrato, la Cina non fa altro che esercitare un proprio diritto legittimo riconosciutole dal diritto internazionale.

Secondo, le Filippine, invocando l’arbitrato, hanno voltato le spalle non soltanto alla promessa di risolvere le dispute territoriali con la Cina attraverso negoziati bilaterali, ma anche al contenuto della Dichiarazione sulla Condotta nel Mar Cinese Meridionale (DOC), riconosciuta dalla Cina e da tutti i peasi dell’ASEAN.

Terzo, non è ragionevole parlare del rifiuto dell’arbitrato da parte della Cina come della prepotenza del forte sul più debole. La Cina confina in totale con quattordici Paesi. Con dodici di essi, la Cina ha già risolto le controversie sulla delimitazione territoriale attraverso equi negoziati bilaterali: si tratta per la maggior parte di Paesi medio-piccoli, nessuno dei quali ha censurato l’operato cinese durante le procedure di soluzione delle controversie. Tutti gli accordi e i trattati sui confini sono stati firmati sulla base di negoziati equi ed amichevoli tra tutte le parti in causa. Infatti, la Cina è ferma nel cercare una soluzione alle questioni di sovranità territoriale e di delimitazione marittima attraverso negoziati e trattative bilaterali ed ha già accumulato in questo ambito sufficienti esperienza e perizia.

Quarto, costituisce una violazione dei principi della Convenzione il fatto che le Filippine abbiano sottoposto unilateralmente richiesta di arbitrato obbligatorio senza aver informato prima la parte cinese. Le Filippine dimostrano di ignorare l’essenza della disputa nel Mar Cinese Meridionale, eludendo intenzionalmente la dichirazione di eccezione facoltativa avanzata dalla Cina, ed hanno accuratamente confezionato una richiesta che è in realtà una provocazione di natura politica che si veste dell’abito della legge: è naturale che la Cina non accetti l’arbitrato.

3. Le necessarie e discrete misure di difesa intraprese dalla Parte cinese su alcune isole dell’arcipelago allo scopo di rafforzare le proprie capacità difensive sono appropriate considerando la sua importanza per la sicurezza e le minacce che la Cina affronta nella stessa regione: non si tratta di <militarizzazione>.

La Cina è un membro responsabile nella comunità internazionale. Essendo il più grande Paese costiero del Mar Cinese Meridionale, la Cina adempie ai propri obblighi e alle responsabilità internazionali. Le attività di costruzione intraprese sulle isole da parte cinese hanno due fini: da un lato, migliorare il tenore di vita e di lavoro del personale di presidio; dall’altro, adempiere nella maniera migliore a responsabilità e obblighi internazionali relativi. Una volta terminata la costruzione, la parte cinese sarà capace di offrire in maniera più efficiente alla comunità internazionale prodotti e servizi di pubblica utilità, tra cui ricerca e salvataggio in mare, prevenzione e mitigazione dei disastri, osservazione meteorologica, conservazione ecologica, sicurezza della navigazione, ecc. Tutti i Paesi godranno dei benefici apportati dalle attività costrutive della parte cinese.

Secondo alcune voci critiche, le attività di costruzione nell’arcipelago si sarebbero sviluppate in maniera troppo rapida e su dimensioni troppo vaste, ingiungendo alla Cina di cambiare lo status quo. Qualsiasi cosa reca in sé pro e contro, ma velocità e dimensione non sono un criterio obiettivo per valutarli rispetto ad un fatto specifico. La parte cinese non ha mai esteso il proprio territorio, non ha mai rivendicato la propria sovranità sul territorio altrui, non ha mai invaso il territorio di altri Paesi con la forza armata. La Cina, approntando le difese necessarie sulle isole, ha soltanto esercitato il proprio diritto all’autopreservazione e all’autodifesa riconosciuto dalle leggi internazionali. Quindi, l’atteggiamento cinese è di natura del tutto diversa da quello delle Filippine, del Vietnam e di alcuni Paesi che svolgono da lungo tempo attività costruttive e militari sulle isole cinesi occupate illegittimamente.

4. Non esiste alcun problema per libertà di navigazione o di sorvolo nella regione del Mar Cinese Meridionale.

Come maggiore potenza commerciale al mondo e principale Paese rivierasco del Mar Cinese Meridionale, la Cina spera più di tutti gli altri di garantire la libertà di navigazione nel mare. Difatti, con l’impegno congiunto della Cina e degli altri Paesi della regione, il Mar Cinese Meridionale è uno dei tratti di mare più sicuri e liberi nel mondo. Negli ultimi decenni non è successo un solo caso in cui si imponessero restrizioni per la libertà di navigazione e la libertà di sorvolo. Nessuna delle principali società assicurative ha classificato il Mar Cinese Meridionale come zona ad alto rischio. La cosidetta questione della libertà di navigazione è soltanto un pretesto che alcuni Paesi hanno trovato per sensazionalizzare la questione del Mar Cinese meridionale.La libertà di navigazione non equivale alla navigazione sregolata. La Cina, come la maggior parte dei Paesi circostanti, non permetteranno a nessun Paese di sconvolgere la situazione nel Mar Cinese Meridionale sbandierando come pretesto la libertà di navigazione.

5. La Cina si è impegnata per contribuire a mantenere la pace e la stabilità nel Mar Cinese Meridionale.

Nel lungo periodo, prendendo in considerazione la situazione generale di mantenere pace e stabilità nella regione, la Cina ha mantenuto un grande contegno, dedicandosi a risolvere le dispute direttamente con i Paesi coinvolti attraverso negoziati e trattative, sulla base della realtà storica e sulla base del diritto internazionale. Nel frattempo, la Cina si è impegnata a salvaguardare la pace e la stabilità del Mar Cinese Meridionale insieme ai Paesi membri dell’ASEAN ed ha già fornito, in tal senso, enormi contributi. La Cina e i Paesi dell’ASEAN si stanno impegnando ad applicare in modo complessivo ed effettivo la Dichirazione sulla Condotta nel Mar Cinese Meridionale, approfondendo nel concreto la cooperazione marittima, promuovendo i negoziati sul Codice di Condotta nel Mar Cinese Meridionale, registrando successi costanti e numerosi. Tutto ciò può provare che i Paesi nella regione sono capaci di gestire nel migliore dei modi le dispute. Ad oggi, grazie alle politiche estere cinesi di buon vicinato e di pace, la situazione generale del Mar Cinese Meridionale rimane stabile. Da tutto ciò è possibile constatare la buona volontà e la grande sincerità della parte cinese nel risolvere appropriatamente la questione del Mar Cinese Meridionale.

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